Nel 1994, tutti parlavano della controversa campagna pubblicitaria di questo marchio di lingerie. Lanciava un messaggio sessista o, al contrario, era un’affermazione femminista? Sarebbe censurata oggi per il suo contenuto? (El Mundo)
In Spagna come in tutta Europa fece scalpore la pubblicità del reggiseno Wonderbra che aveva in Eva Herzigova la modella procace che nella sua visita promozionale a Madrid nel 1994 si era autoproclamata “rappresentante del femminismo”. Era davvero femminista il messaggio commerciale di questo marchio di lingerie? O piuttosto una foto che vedeva la donna come un “pezzo di carne”? Lo slogan della campagna risultò tanto controverso quanto l’immagine che lo illustrava: Herzigova si guardava il seno con un sorriso complice indossando un reggiseno che prometteva di esaltare il fascino femminile con il messaggio “Hello boys” (Ciao, ragazzi). Una strategia così aggressiva che ebbe persino la sua leggenda urbana: l’immagine affascinante della modella ceca avrebbe provocato un aumento degli incidenti stradali.
L’obiettivo commerciale era chiaro: ottenere quello che si chiama l’effetto rompicollo, l’effetto wow. Il successo del Wonderbra fu fulminante. Secondo uno studio della School of Business dell’Università del Michigan, in quei giorni nel mondo veniva venduto un reggiseno ogni 15 secondi, mentre i telegiornali si riempivano di dichiarazioni di commessi di negozi che raccontavano di non riuscire a tenere il passo con le loro riforniture. In Spagna, solo in un anno, ne furono venduti mezzo milione. Era un prodotto aspirazionale che elevava l’autostima, qualcosa di simile a quello che provoca in una donna indossare un buon tacco alto. Ruppe le barriere grazie all’effetto décolleté, perché non solo sollevava il seno, ma anche lo avvicinava.
Il prodotto piaceva. Tanto che anche il Consiglio dei Designer di Moda degli Stati Uniti (CFDA) si congratulò con l’azienda, che arrivò a fatturare 120 milioni di dollari all’anno “per aver creato un fenomeno mai sperimentato prima nell’industria”. In effetti, Wonderbra era un marchio registrato dal 1935, anche se il suo design nato dal marchio Playtex esibiva un’aggressività commerciale insolita. In quel periodo i marchi di lingerie non si pubblicizzavano nei media di massa. La campagna dell’agenzia TBWA fu innovativa in questo senso e riuscì a trasformare la lingerie in un accessorio di moda e, più tardi, in un’icona culturale.
Certo, il marchio dovette investire circa 25 milioni di dollari in pubblicità. Tutto doveva essere alla grande, come il seno esaltato di Herzigova. Si tenevano eventi con lei nelle grandi capitali del mondo, mentre si cercavano altre modelle, sempre più esplosive, per indossare il Wonderbra in nuove campagne stampa e cartelloni pubblicitari. La più famosa delle modelle che successero a Herzigova fu la slovacca Adriana Sklenaíkova, futura moglie del calciatore del Real Madrid Christian Karembeu. Gli slogan diventavano sempre più radicali: “Guardami negli occhi… Ho detto negli occhi” e “Perché sarà che oggi tutti gli autobus si fermano?”. O addirittura il più controverso: “Non so cucinare… A chi importa?”. Tutto questo lancio di bombe sessuali mirate a entrambi i sessi aveva un mentore: Trevor Beattie, direttore creativo dell’ufficio londinese dell’agenzia pubblicitaria americana TBWA. Beattie raggiunse un tale prestigio che nel 2000 fu ingaggiato dal Partito Laburista britannico per essere la mente pensante della prima campagna di rielezione di Tony Blair, considerato all’epoca il politico più “cool” del momento nel mondo.
Wonderbra è diventato una specie di Kleenex, nel senso che il nome del prodotto definisce la categoria”. Così il reggiseno entrò nella categoria di Coca-Cola, yo-yo e dell’aspirina. Qualsiasi reggiseno push-up, indipendentemente dal produttore, era per il pubblico un Wonderbra. Ci furono esperti di moda che paragonarono il suo impatto sociale a quello dei jeans Levi’s.