Eamonn Forde svela in un libro il ricco business dei musicisti che continuano a vendere dopo la loro morte, a volte contro la loro volontà (El Mundo)
Il giornalista britannico Eamonn Forde ha dedicato tutta la sua carriera professionale e diversi volumi a comprendere i meandri del business musicale. E anche se è quasi impossibile sintetizzare le 784 pagine del suo ultimo saggio (“The Lucrative Afterlife of Music Estates”), fa impressione notare le grandi fortune che continuano a generare alcune star del rock postume. Non ci sono cifre ufficiali, poiché le case discografiche sono molto caute con questi dati, ma la percentuale di profitti attribuiti agli artisti deceduti potrebbe aggirarsi intorno al 70%. Tanto è vero che dal 2001 “Forbes” pubblica una classifica annuale delle celebrità decedute più redditizie. Da allora c’è un nome che si ripete ai primi posti della lista, e non per caso: Elvis Presley è stato il grande pioniere e il precursore di un fenomeno straordinariamente lucrativo.
Dopo la morte del re del rock and roll, la sua musica ma anche il suo nome, la sua immagine e persino Graceland, la sua casa a Memphis, continuano a incassare decine di milioni di dollari ogni anno. All’epoca di Elvis, le limitazioni del mercato facevano sì che gli artisti si proiettassero solo a pochi anni nel futuro, senza immaginare che molti avrebbero prolungato le loro carriere per diverse decadi. Il riferimento è a coloro che sono rimasti per strada (come John Lennon, Bob Marley, Jimi Hendrix o Michael Jackson) ma anche a quelli che, ancora oggi attivi (come i Rolling Stones), continuano a sfruttare in modo efficiente un glorioso passato in base alle nuove abitudini di consumo.
Non è un segreto (come avvertiva Warhol) che l’opera di un artista tenda a rivalutarsi dopo la sua morte. Sempre, ovviamente, purché si prendano le decisioni giuste al momento giusto. E non tutti hanno potuto, saputo o avuto il tempo di fare il loro testamento prima di chiudere definitivamente. Nel libro sono raccolti gli esempi più eclatanti di coloro che hanno preparato tutto con cura (tra cui figurano Freddy Mercury e David Bowie come esempi della più impeccabile pianificazione patrimoniale) insieme ad altre storie horror con gli eredi di Prince, James Brown e Aretha Franklin. Non si tratta solo di apporre una firma, ma di mettere il lascito nelle mani più appropriate. Spesso i legittimi eredi si trovano a operare in un mondo aziendale per il quale non sono preparati e che li supera. Da qui il motivo per cui alcune leggende, come Bob Dylan o Neil Young, hanno scelto di vendere l’intero loro repertorio e trasformare il loro testamento in denaro contante, facilmente trasferibile.
Sono passati gli anni d’oro delle efemeridi e delle raccolte di greatest hits. Questa formula è diventata obsoleta, poiché l’era digitale richiede la presenza dell’artista su reti e piattaforme di streaming. Dopo l’arrivo degli ologrammi (Buddy Holly, Roy Orbison, Whitney Houston…) e il debutto su TikTok di gruppi come i Fleetwood Mac per garantire il passaggio generazionale, il futuro passa per l’intelligenza artificiale che permette ai musicisti defunti di tornare a cantare ma, senza i controlli necessari, potrebbe anche essere utilizzata a fini commerciali o elettorali.