Praterie infinite, montagne innevate, intere valli dove non esistono né strade, né piste. Un trekking a cavallo in Mongolia è un’avventura per viaggiatori d’eccezione, come partecipare dal 4 al 17 agosto al Mongol Derby (Wall Street Journal)
“Un uomo senza cavallo è come un uccello senza le ali” dice un antico proverbio mongolo: la Mongolia è un antico impero di ghiaccio, sabbia e foreste rimasto come sospeso nel tempo. L’asprezza del suo territorio ha in parte isolato il Paese che è sopravvissuto allo scorrere dei secoli nella propria diversità nomade e selvaggia. Si dice che nei primi giorni del genere umano, da qualche parte in queste steppe, i mongoli abbiano inventato l’equitazione. Forse un’esagerazione, di certo qui il ritmo della vita è regolato dalla velocità del cavallo e ai neonati si insegna a cavalcare prima che a leggere e scrivere. Un luogo fantastico per un trekking, ma non una destinazione “facile”, perché i cavalli possono reggere intere giornate al trotto, ma ai cavalieri sono richieste doti resistenza e forma fisica più che normali. La buona notizia è che proprio per le qualità dei cavalli mongoli, docili, di piccola taglia e facili da montare, il viaggio è adatto a tutti, affermati cavalieri e neofiti alle prime armi.
Si cavalca nel cuore di spazi sconfinati popolati da famiglie che si spostano al ritmo delle loro greggi, si riposa nelle comode yurt, le millenarie tende mobili dei nomadi. Questo è un altro aspetto importante del viaggio, il contatto profondo con gli uomini di questa terra. Sono gli allevatori nomadi i nostri compagni di avventura ed è grazie alla loro maestria nel montare e gestire i cavalli che al viaggiatore è permessa una sicura e emozionante scoperta di questo mondo. E dove, se non in Mongolia, si poteva disputare la più lunga corsa su cavalli al mondo? Il Mongol Derby è una gara di resistenza (1.000 km) sulle orme di Gengis Khan. Vi partecipano non più di 40 cavalieri, tra professionisti e amateurs.
Si potrà vivere appieno una realtà che offre, oltre alle bellezze naturali, un intenso mondo spirituale che è saldamente collegato in tutte le sue forme alle forze della natura, così fortemente presenti in questo Paese. E se si arriva in Mongolia per la festa nazionale del Naadam di metà luglio, si possono ammirare i tradizionali tornei di lotta e tiro con l’arco e la corsa sfrenata di puledri nella prateria per decine di chilometri, dove i fantini sono soltanto bambini.