Con il suo “It just works” (funziona davvero), la sua interfaccia grafica e il suo mouse, Apple il 24 gennaio 1984 sganciò un’intera bomba nel mondo dei computer (Le Devoir)

Forse il 24 gennaio 1984 non ha avuto nel mondo dei computer l’effetto del terremoto paragonabile a quello dell’iPhone, svelato sempre da Steve Jobs, 23 anni dopo, il 9 gennaio 2007. Ma Apple quel giorno aveva sganciato una vera bomba. “Stiamo scommettendo sulla nostra visione e preferiamo farlo piuttosto che imitare altri prodotti sul mercato”, aveva detto Jobs, il grande capo di Apple “Lasciamo che le altre aziende lo facciano”. Difatti due
anni dopo, nel novembre 1985, Microsoft, guidata da un Bill Gates a cui Jobs aveva presentato il Mac nell’anno precedente la sua commercializzazione, lanciava la prima versione del sistema operativo Windows dove sullo schermo del Pc una forma di finestre impilate l’una sull’altra si aggiungeva (o sostituiva) l’MS-DOS funzionando con comandi digitati sulla tastiera avendo bisogno di un mouse per funzionare, la grande innovazione di Apple che ha reso il personal computer più accessibile e intuitivo.

Questa rivalità e l’emulazione tra Apple e Microsoft hanno alimentato decenni di innovazioni, plasmando il mercato dei Pc come lo conosciamo oggi. È stato vantaggioso per entrambi e dando vita a vere stranezze come quanto accadde nel 1997, quando Apple stava “flirtando” con la bancarotta e Microsoft decise di investire 150 milioni nel suo rivale di Cupertino. Allo stesso tempo mettendo fine a una battaglia legale che avrebbe potuto finire male per l’impero di Bill Gates.
Il Mac, quindi, è stato un balzo in avanti che ha spinto l’intero settore, compresa Microsoft, ad adottare e sviluppare interfacce grafiche e ad adottare il mouse come periferica essenziale per il computer. In tutto questo, la storia ricorda il ruolo fondamentale di Steve Jobs, cofondatore e poi Ceo di Apple. In effetti, il suo contributo principale è stato quello di insistere sull’uso di un mouse e, ancora, di un mouse a un solo pulsante. Il mouse Mac, da parte sua, è stata la versione più semplice di un’interfaccia uomo-macchina studiato dal 1960 dai ricercatori informatici presso la Stanford University, in California. Qualcuno diverso da Steve Jobs, per esempio il vero inventore del mouse, l’ingegnere Douglas Engelbart, potrebbe aver optato per un mouse con cinque pulsanti, uno per dito, con estensioni per i piedi, alla maniera di un organo.

Apple ha reso il personal computer più accessibile e intuitivo. Almeno in teoria. Il primo Macintosh non era particolarmente conveniente. La sua interfaccia soffriva di molte limitazioni. Il suo software era pieno di bug. Il suo monitor era piccolo e monocromatico. Ma si credeva che il dispositivo più piccolo possibile avrebbe attirato un pubblico più ampio. La storia gli ha dato ragione. Ancora oggi, questa testardaggine di imporre ai propri clienti un modo semplice e unico di interagire con i propri dispositivi è ciò che distingue Apple dai suoi rivali. Questo è anche ciò che fa arrabbiare di più i suoi detrattori.
L’altra chiave del successo del Mac è il marketing. Messo in onda durante il Super Bowl XVIII, lo spot che ha reso noto il Macintosh a milioni di consumatori americani è ora visto e analizzato in ogni corso di marketing. Diretto da Ridley Scott, il videoclip, intitolato 1984, è ispirato all’omonimo romanzo di George Orwell. Presenta un mondo distopico in cui un grande fratello (IBM, travestito da Grande Fratello) domina la società. L’eroina, brandendo un martello, corre verso uno schermo gigante e lo distrugge, simboleggiando la missione di Apple di salvare l’umanità dal dominio futuro della tecnologia monotona e oppressiva. In un momento in cui la pubblicità del computer era monotona e piena di termini tecnici, ha rotto gli schemi.

Apple è stata in grado di cavalcare l’onda della popolarità del suo Mac per più di un decennio, ma quasi non è sopravvissuta alla partenza di Jobs, avvenuta nel 1985. Ci è voluto il suo ritorno nel 1997 per vedere rinascere il Mac. Un anno dopo, Apple ha introdotto l’iMac, che ha rivitalizzato il marchio grazie a un diverso design all-in-one e, soprattutto, a colori vivaci. “Funziona, questo è tutto” è diventato “Pensa diverso”. Nuovo successo per Jobs, che si è poi affermato come leader intransigente e maniaco dei dettagli fino all’ossessione, una reputazione rafforzata tre anni dopo con il lancio dell’iPod, l’antenato musicale dell’iPhone, il telefonino che avrebbe convinto Google ad acquistare un piccolo sistema mobile open source chiamato Android per creare la propria piattaforma mobile.

L’iPod, un walkman digitale con uno schermo monocromatico di 2 pollici di diagonale e la cui qualità principale era quella di poter contenere l’equivalente di 1.000 file musicali Mp3, è stato un enorme successo soprattutto grazie a una ricetta simile a quella del primo Mac: la sua rotella di scorrimento touch ha aggiunto un’interfaccia innovativa a un tipo di dispositivo già esistente, ma che era un po’ più complicato di quello che il grande pubblico stava cercando.
A quel tempo, andare in giro con 1.000 canzoni in tasca era una vera rivoluzione. Una rivoluzione digitale, bisogna precisarla, la prima di una lunga serie. Una serie, infatti, di cui non sappiamo come sarebbe successo se il Mac non fosse nato 40 anni fa.

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