Gesso e lavagnona nera sono i rivali, amati da fisici e matematici, delle nuove tecnologie (Courrier international)
All’inizio, non c’è nulla. Poi appare una linea bianca. Poi un’altra. I caratteri iniziano a prendere forma. Delle forme emergono dal nero. L’ordine nasce dal caos. C’è qualcosa di magico quando un ricercatore scrive con il gesso su una lavagna. I registi di Hollywood lo hanno capito bene, sfruttando questo filone in film come “A beautiful Mind” o “Oppenheimer”. Tuttavia, nessuno tiene in così alta considerazione questa venerabile tecnica quanto fisici e matematici. Questi ultimi preferiscono di gran lunga usare una modesta lavagna piuttosto che i suoi rivali ad alta tecnologia. Ci si potrebbe chiedere perché. Cosa offre la lavagna e il gesso più dei loro equivalenti in carta o plastica? “È un culto che risale a secoli fa”, spiega Yang-Hui He, professore presso l’Istituto di Scienze Matematiche di Londra (LIMS). “Tenere in mano un pezzo di gesso guardando una lavagna dà l’impressione di fare matematica, perché è così che è sempre stato fatto”.
Questa pratica risale almeno all’XI secolo, quando lo studioso persiano Al-Biruni descriveva gli studenti che scrivevano su lavagne. Ma la tradizione da sola non basta a spiegare perché i fisici continuano ad usare il gesso. Oggi, pochi scrittori usano ancora pergamena e penna d’oca, anche se fu così che Shakespeare scrisse “Amleto”. Per capire il fascino senza tempo delle lavagne, serve far visita al LIMS a Mayfair, nel centro di Londra. Questo gruppo di teorici, membri dell’unico istituto indipendente di matematica del Regno Unito non affiliato a una università, si dedica a quel tipo di calcoli che si fanno a gesso. Appena si entra nella stanza, la lavagna imponente di 3,6 metri di lunghezza per 1,6 metri di altezza, che occupa quasi interamente una parete, fissa il visitatore. Lo stesso nella stanza accanto, e in quella dopo ancora… Ogni stanza è dominata da una lavagna appesa al muro o posata su un cavalletto come l’enorme opera in corso di un pittore ecclesiastico. Tutte sono coperte di simboli runici, enigmi e scarabocchi matematici.
Le lavagne sono il miglior strumento di sblocco. Si fanno prima i calcoli essenziali su carta, poi, quando si incontra un vicolo cieco, si espone il problema a un collega su una lavagna, e ciò che è divertente, è che spesso si riesce a risolvere il problema da soli, semplicemente scrivendolo. Non si immagina qualcosa prima di scriverla. È attraverso l’atto di scrivere che le idee si rivelano. Quando sono alla lavagna, i ricercatori hanno “riflessioni che non avrebbero se rimanessero a braccia conserte”. La lavagna è quindi una scena da stand-up per i teorici. Ma il processo non si ferma qui. Ciò che segue sembra una staffetta tra ricercatori. “Ci si mette a turno. Uno di noi inizia a scrivere un problema, fino a che un altro prende il gesso, come il testimone durante il passaggio della staffetta” dice un ricercatore. Socrate riteneva che la filosofia dovesse essere praticata attraverso il dialogo: due persone si confrontavano in una sessione di domande e risposte basata su uno scambio di contraddizioni e conferme. È esattamente ciò che succede quando ci si confronta con la lavagna, con la differenza che si può vedere l’argomento scritto a gesso sulla lavagna.
Il gesso ha il vantaggio di essere facilmente cancellabile. I teorici fanno sempre errori. Se non ne fanno, significa che non si stanno sforzando abbastanza. In più c’è che, una volta cancellato, il gesso lascia generalmente una traccia di ciò che è stato scritto prima: si può vedere dove gli altri hanno avuto ragione, ma anche dove si sono sbagliati…