La sfortuna di essere Beatle solo per dieci giorni

Triste la storia di Jimmie Nicol, batterista sostituto di Ringo Starr nel primo tour mondiale dei Beatles e poi sparito dai radar musicali, come raccontato da una biografia dal titolo molto rivelatore “The Beatle Who Vanished”. (Abc)

L’odissea di Nicol iniziò il 4 giugno 1964, proprio quando i Beatles avevano iniziato a prepararsi per percorrere Europa, Asia e Oceania con “I Want to Hold Your Hand”, “I Saw Her Standing There”, “She Loves You” e “This Boy”. Il giorno prima del tour internazionale un colpo basso poche ore prima del decollo. Quella mattina avevano un servizio fotografico per segnare l’inizio del loro primo tour mondiale e improvvisamente, Ringo Star aveva iniziato a vomitare.Rapidamente trasferito all’University College Hospital, gli erano state diagnosticate tonsillite e faringite. I Beatles non potevamo cancellare il tour, quindi l’idea era quella di trovare un sostituto. Venne preso Jimmie Nicol, un batterista londinese di buon livello.

Jimmie fece un buon lavoro, ovviamente non come Ringo, non era una cosa facile ma nel momento in cui il suo incarico finì, non era più famoso: “Ero il ragazzo che ha sostituito Ringo!”. Qualche foto sui giornali e poco più. Nelle biografie, non molto: una voce in “Antologia” , un paragrafo nel canonico “Shout!” di Philip Norman, e una menzione (con il nome scritto male) nella biografia che Hunter Davies pubblicò nel 1968. Le fotografie dell’epoca, ancora oggi, sono sconcertanti. “È come se un turista infilasse la testa nel buco di uno di quei cartonati “diventa un Beatle” che si trovano nei parco-divertimenti. “È scioccante come la presenza di un intruso nell’album di famiglia”, scrive Craig Brown nel recente “1, 2, 3, 4: The Beatles Marking Time”, un favoloso melting pot di aneddoti, storie collaterali impigliate nella mitologia ufficiale e vite segnate dal fuoco dall’influenza dei Beatles.
E poche storie sono più tragicamente impressionanti di quella di Jimmie Nicol, l’intruso nell’album di famiglia, il turista che, per due settimane, è stato il quarto Beatle. Non il quinto, come Brian Epstein, Pete Best o Stuart Sutcliffe, ma il quarto.

Un orologio d’oro dedicato e una busta con 500 sterline sigillarono il suo addio. Dopo di che, Jimmie divenne di nuovo un civile. “Quando il mio lavoro di carta sul tour è finito, sono tornato in Inghilterra da solo. Nessuno dei Beatles mi ha chiamato al telefono”. La sua casa discografica lo scaricò e sua moglie chiese il divorzio. Cambiò band e si indebitò fino al collo. e nell’aprile 1965 aveva già dichiarato bancarotta: doveva più di 4.000 sterline e ne aveva poco più di 50 in banca. “Sostituire Ringo è stata la cosa peggiore che potesse accadermi”, ha detto al Daily Mail.
Jimmie si trasferì in Messico, si risposò (e divorziò), distrusse l’orologio che i Beatles gli avevano dato in un impeto di rabbia, si diede alle droghe allucinogene e riuscì solo a comporre la colonna sonora di un film messicano sperimentale. Dopo di ciò, il nulla: scomparve dalla mappa musicale, tornò a Londra e il progetto di trasformare “The Beatle who Vanished” in un film è rimasto bloccato da quando il figlio di Roy Orbison ha acquistato i diritti nel 2017. Fine della storia.

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