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Un libro-indagine di Kelly Clancy spiega come i giochi possano plasmare la realtà. Una teoria usata gia 200 anni fa in guerra con “Kriegspiel” (The Economist)

Nel 1824, il principe Wilhelm di Prussia chiese una dimostrazione di un elaborato gioco di cui aveva sentito parlare dal suo tutor militare. Il “Kriegsspiel”, o gioco di guerra, era stato ideato qualche decennio prima come una forma di scacchi militarmente più realistica. Invece delle caselle regolari, il tabellone era una mappa dettagliata di un vero campo di battaglia. Blocchi di legno rappresentavano diverse formazioni militari; ogni turno del gioco simulava due minuti di combattimento sul campo. I danni venivano calcolati tirando dadi speciali e utilizzando tabelle di punteggio basate sulle probabilità, sulle statistiche delle vittime delle battaglie storiche. Il gioco durava due settimane, con l’avvertenza che “tutti i gatti dovevano essere allontanati dai dintorni, in modo che non salissero sul tabellone e non spostassero i pezzi”. Il principe ne fu incantato e ogni ufficiale prussiano fu obbligato a imparare a giocare. Questo permetteva di provare nuove tattiche, anche in tempo di pace. Le regole venivano costantemente aggiornate con nuove armi e statistiche. Quando Wilhelm divenne re, la vittoria inaspettatamente rapida della Prussia nella guerra franco-prussiana del 1871 fu attribuita a queste simulazioni di gioco.

Durante la prima guerra mondiale, il “Kriegsspiel” veniva utilizzato per prevedere quando i battaglioni tedeschi sarebbero rimasti senza munizioni, permettendo un tempestivo rifornimento, ciò che oggi verrebbe chiamato previsione della catena di fornitura. Nel periodo tra le due guerre, i pianificatori tedeschi lo usarono per sviluppare le tattiche del “Blitzkrieg” e simulare l’invasione della Cecoslovacchia. Quando Hitler invase la Russia, entrambe le parti si affidavano al gioco per prevedere come si sarebbe svolta la campagna. La storia del Kriegsspiel è solo uno dei tanti esempi raccolti da Kelly Clancy, neuroscienziata e fisica, nel libro “Playing with Reality”, una vasta indagine su come i giochi possano plasmare la realtà. La sua storia inizia seriamente nel Rinascimento, quando i matematici svilupparono per la prima volta la teoria della probabilità, in parte per comprendere i giochi d’azzardo con dadi e carte. I giochi aiutarono così a rivelare che anche gli eventi casuali erano governati da leggi e suscettibili di analisi. Le tecniche risultanti furono applicate alla medicina, agli studi demografici e all’analisi degli errori scientifici. Il matematico tedesco Gottfried Leibniz vedeva i giochi come modelli del mondo e pensava che studiarli potesse “aiutare a perfezionare l’arte del pensiero”.

Questi giochi di guerra, a loro volta, stimolarono i primi passi di John von Neumann nello sviluppo di ciò che oggi è noto come teoria dei giochi, un ramo della matematica che, secondo i suoi sostenitori, poteva essere la fisica della natura umana. Negli anni ’50, la teoria era stata sviluppata, con idee ormai familiari come l’equilibrio di Nash e il dilemma del prigioniero, che considerano come gli avversari adeguano le loro strategie in risposta alle azioni reciproche. La teoria dei giochi ha direttamente sostenuto l’idea della “distruzione mutua assicurata” durante l’accumulo e il confronto nucleare della guerra fredda. Da allora è stata applicata in campi che vanno dal commercio all’evoluzione. Nel 21° secolo, l’influenza dei meccanismi simili ai giochi ha assunto una nuova forma digitale. Le piattaforme di social media sono simili a giochi in cui gli utenti competono per clic e attenzione; le app hanno gamificato gli appuntamenti, il fitness e l’apprendimento delle lingue; e guai a chi vede cadere troppo in basso il proprio punteggio su eBay, Uber o Airbnb, basato sui punteggi di altri utenti. I giochi sono stati anche fondamentali per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. I sistemi moderni si basano sulla potenza computazionale dei chip grafici originariamente progettati per eseguire i videogiochi; e i giochi hanno guidato i progressi nel campo, dagli scacchi, al Go, al concorso di riconoscimento delle immagini ImageNet.