Calvizie, un calvario maschile

(Marianne) All’età di 50 anni, la metà degli uomini ha già visto i propri capelli diradarsi. La colpa è degli effetti deleteri degli ormoni maschili sulla crescita dei capelli

Pochi uomini sentono il bisogno di valutare i meriti delle creme antirughe. Per molti di loro, però, l’invecchiamento è associato a un’altra ansia: quella di vedere i propri capelli diradarsi, fino a dover scegliere tra una tonsura da monaco e una “testa rasata”. All’età di 50 anni, “si stima che il 50% degli uomini presenti sintomi di calvizie, riporta un articolo pubblicato a gennaio sulla rivista “International Journal of Molecular Sciences” (IJMS). Mentre, tra le donne, fortunatamente solo l’8% perde i capelli intorno ai 50 anni. Se questa maledizione è specificamente maschile, è perché viene scatenata da un derivato del testosterone, il principale ormone sessuale maschile. Infatti, questa sostanza chimica accorcia la fase di crescita di alcuni capelli. In condizioni normali, ciascun capello cresce per diversi anni, prima di staccarsi dal cuoio capelluto e lasciare spazio a un nuovo capello. Quando la crescita dei capelli diventa sempre più breve, anche la lunghezza massima che possono raggiungere si riduce di conseguenza. Risultato: la peluria si dirada gradualmente, fino a lasciare solo un velo di peli miniaturizzati e traslucidi.

Al momento della maturità sessuale, gli ormoni maschili aumentano la dimensione dei peli nelle zone che ne sono sensibili (ascelle, pube, viso, torace). Ma in età avanzata, l’effetto di questi ormoni è al contrario dannoso. Almeno, per i follicoli piliferi (le cavità da cui escono i capelli) che ne sono sensibili. L’estensione delle aree vulnerabili dipende in gran parte dal patrimonio genetico. Le tempie e la sommità del cranio sono le zone più colpite, in quanto più ricettive al testosterone. Al contrario, spesso rimane una corona di capelli sulla periferia. Sebbene non sia utile agli uomini che accettano la propria calvizie, questo residuo può rivelarsi cruciale per gli altri: una parte dei capelli sopravvissuti può essere prelevata e poi reimpiantata nelle zone diradate. Il successo delle tecniche di trapianto si basa sull’osservazione che i follicoli estratti dalla parte posteriore del cranio rimangono insensibili al testosterone, anche dopo essere stati spostati nelle regioni colpite. È per questo che i capelli rilocati non rischiano di cadere.

Un altro trattamento consiste nell’affrontare il problema alla radice: alcuni farmaci impediscono la produzione dell’ormone responsabile della caduta dei capelli. Rovescio della medaglia: il principio attivo di questi farmaci (chiamato “finasteride”) può anche diminuire la libido o addirittura causare disturbi psicologici, come ha ricordato l’Agenzia francese per la sicurezza dei medicinali. Secondo diversi foglietti illustrativi tuttavia questi effetti indesiderati colpirebbero meno dell’1% dei pazienti. Un rischio da correre per evitare di ricorrere a costosi impianti?

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