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(Financial Times) Il Paese dell’Africa occidentale punta sull’industria tessile con il progetto “farm to fashion” per avviare la trasformazione economica

In Benin, un piccolo Paese dell’Africa occidentale senza una forte tradizione manifatturiera, una semplice maglietta di cotone potrebbe essere l’innesco di una rivoluzione industriale. Il progetto “farm to fashion”, promosso da Arise Integrated Industrial Platforms, un gruppo industriale con sede a Dubai, insieme al fondo sovrano del Benin e alcune aziende locali, mira a trasformare il cotone coltivato nel paese in prodotti finiti, come magliette, direttamente in loco. L’iniziativa prevede un investimento di 550 milioni di euro. Il Benin, che produce circa 300.000 tonnellate di cotone l’anno, attualmente esporta gran parte del raccolto grezzo, perdendo così oltre il 90% del valore aggiunto che deriva dalla trasformazione del cotone in capi d’abbigliamento. Il governo, sotto la guida del presidente Patrice Talon, punta a cambiare questo modello economico, concentrandosi su un’industrializzazione che permetta di trattenere valore nel paese e creare occupazione.

Il Glo-Djigbé industrial park, situato a nord della capitale commerciale Cotonou, è al centro di questa trasformazione. Attualmente impiega circa 12.000 lavoratori in una vasta fabbrica tessile, equipaggiata con macchinari di ultima generazione provenienti da paesi come la Svizzera, la Germania e il Giappone. La produzione giornaliera di tessuti ammonta a 50.000 chili, trasformati in articoli come magliette e tovaglie. L’obiettivo è produrre internamente non solo abbigliamento, ma anche biancheria per la casa e altri prodotti tessili, espandendo le capacità industriali del paese. La strategia di industrializzazione del Benin non è isolata. Altri Paesi africani hanno tentato, con diversi gradi di successo, di passare dalla mera esportazione di materie prime alla produzione di beni finiti. Mauritius, ad esempio, ha costruito un settore dell’abbigliamento di successo che l’ha portata a diventare un’economia a reddito medio-alto. Anche il Botswana ha tratto vantaggi dal trasformare internamente i diamanti grezzi, ottenendo così un maggiore valore economico.

Tuttavia, l’industrializzazione in Africa ha spesso incontrato ostacoli significativi, come la mancanza di infrastrutture adeguate, costi elevati e settori elitari poco inclini a investire nella trasformazione industriale. Secondo la Banca Mondiale, la percentuale di valore aggiunto manifatturiero nel PIL dell’Africa subsahariana è scesa dal 18% del 1981 all’11% del 2023. Il Benin, con un PIL pro capite di circa 1.400 dollari, è al 10%. Nonostante questo, il presidente Talon e il suo governo stanno spingendo affinché la trasformazione industriale diventi una realtà tangibile per il paese. Alcune grandi catene internazionali, come The Children’s Place e Kiabi, hanno già ordinato capi d’abbigliamento prodotti in Benin. Tuttavia si stima che entro il 2026 solo il 13% del raccolto di cotone del Benin sarà trasformato in loco. Per raggiungere l’obiettivo di lavorare l’intera produzione nazionale, saranno necessari investimenti in almeno altre 25 fabbriche.