(Aujourd’hui) “The Apprentice: Alle origini di Trump” è film biografico sugli inizi di Donald Trump, diretto da Ali Abbasi, esce in Italia il 17 ottobre

Gli avvocati di Donald hanno definito il film “The Apprentice: Alle origini di Trump” come «pura finzione malvagia» e hanno promesso di intraprendere un’azione legale. Questo non sembra preoccupare il regista Ali Abbasi, che ha ricevuto una lettera dal team di Trump, che lo “accusa di voler interferire nelle elezioni presidenziali e di essere pagati da governi stranieri”. Il lungometraggio racconta la storia di Trump all’inizio della sua carriera nel settore immobiliare, a New York, negli anni ’70. Questo erede, gonfio di ambizione, vuole «prendere New York e restituirle la sua grandezza». Mentre la città è devastata dalla miseria e dalla criminalità, si lancia in una scommessa folle: la costruzione di un hotel di lusso con 1500 stanze, la Trump Tower. Soprattutto, il giovane Donald incontra Roy Cohn, un avvocato conservatore e cinico che diventerà il suo mentore. Cohn gli insegnerà l’arte del networking, della manipolazione e tre regole che diventeranno i suoi mantra: «Attacca. Attacca. Attacca», «Non ammettere mai niente» e «Proclama la vittoria». Gli amanti delle battute si divertiranno: «The Apprentice» è pieno di frasi ad effetto, come quando Roy Cohn organizza una festa con cocaina e prostitute il cui slogan è «Se sei incriminato, sei invitato».

Sebbene il film si concentri sul patto tra Cohn e Trump, offre anche un ritratto più intimo dell’ex presidente. Lo vediamo con un padre che umilia i suoi figli durante una cena, sul tavolo operatorio per sessioni di liposuzione e chirurgia dei capelli… o con la sua prima moglie, Ivana, in una scena di stupro agghiacciante. «Ivana ha spiegato in tribunale, sotto giuramento, di essere stata stuprata da Trump nel modo in cui lo racconto», spiega il regista. Tuttavia, Abbasi assicura di aver affrontato il suo «eroe» con empatia: «Non odio Trump. Altrimenti, perché passare cinque anni a studiarlo? Da un lato ci sono i suoi fan che lo venerano. Dall’altro, i miei amici liberali che lo vedono come il diavolo. Penso che ci sia una terza via, che consiste nel capire perché è così. Questo non significa essere d’accordo con lui. Il mio obiettivo non è influenzare le elezioni, ma il modo in cui gli spettatori vedono il mondo».

Per interpretare il politico dalla chioma bionda, il regista ha scelto Sebastian Stan, eccezionale – così come Jeremy Strong nel ruolo di Roy Cohn. «Sebastian ha la capacità di rendere simpatico un personaggio odioso», sottolinea il regista.