(Le Figaro) Le lacrime sono spesso percepite come un segno di debolezza. Ma nel farlo rilasciamo ormoni legati allo stress, che ci alleviano dolori e tristezza


Una tristezza intensa, un film commovente, un dolore violento … Abbiamo molte ragioni per piangere, e a volte siamo sorpresi di vedere quanto… dopo ci si sente bene! Piangere è il miglior antistress naturale: ci permette di rilasciare le tensioni, di riportare il nostro corpo a uno stato emotivo più stabile. E per una buona ragione: quando piangiamo sotto il colpo di una forte emozione, rilasciamo ormoni legati allo stress (cortisolo, adrenalina, prolattina …), che ci allevia e ci calma. Già nel 1980, il biochimico americano William Frey dimostrò che la composizione delle lacrime varia a seconda della loro “categoria”: causate dalla tristezza o dalla gioia, le lacrime “emotive” sarebbero quindi molto più cariche di proteine e ormoni rispetto alle lacrime “basali” (che lubrificano la cornea) o alle lacrime “riflesse” (che scorrono ad esempio quando abbiamo una polvere nell’occhio o quando tagliamo una cipolla). Il pianto non è solo un meccanismo pavloviano o una secrezione passiva legata a un fenomeno fisiologico ma un modo di percepire la natura del male che ci colpisce. Quando osiamo piangere, accettiamo di lasciarci influenzare totalmente da un’emozione, di sentire senza filtro ciò che ci sta accadendo, cosa molto rara per noi che passiamo il nostro tempo a mettere a distanza la realtà con rappresentazioni, riflessioni, giudizi.


In questa modalità di esistenza che ci permette di essere pienamente presenti a noi stessi, senza intermediari, accediamo così a un prezioso discernimento, a un “Io” più profondo e più autentico. Non dicono che si deve toccare il fondo per essere in grado di riprendersi? Anche se a volte ci sentiamo impotenti quando non riusciamo a trattenere le lacrime, possono rappresentare un primo tentativo di uscire da ciò che ci sta accadendo e preparare un cambiamento di rotta nella nostra vita: ci illuminano su ciò che ci blocca e ci impedisce di andare avanti. Nelle lacrime, ci purghiamo, ci svuotiamo. A volte devi permetterti questa caduta emotiva per essere in grado di migliorare, a condizione, naturalmente, che non ti conceda di piangere o di vittimizzare, che continui ad essere responsabile di ciò che sta accadendo a te stesso, che tu riesca a dire a te stesso: “Sono al mio punto più basso in questo momento, ma so che guarirò presto”.


Piangere è un modo per intravedere un futuro nonostante il dolore, per uscire da una certa passività. Le lacrime possono anche riunirci, ad esempio davanti a un film, nella complicità di una stanza buia dove ci lasciamo trasportare insieme dall’emozione proiettandoci in vite immaginarie che risuonano tra di noi. Ma la difficoltà è spesso quella di concedersi questo segno di vulnerabilità di fronte agli altri. Anche se parliamo sempre di più di ipersensibilità o quoziente emotivo, l’idea che un uomo non debba piangere è ancora molto presente. Secondo uno studio condotto dalla società tedesca di oftalmologia pubblicato nel 2021, gli uomini piangerebbero quindi da 3 a 4 volte meno spesso delle donne… È la società che rende le lacrime possibili o impossibili. Basta ricordare che non avevano lo stesso significato nell’antichità. Dopo aver attraversato il Rubicone, durante la marcia su Roma, nel 49 a.C., Giulio Cesare avrebbe pianto davanti ai suoi soldati, allora un segno di energia virile e umiltà di fronte agli dei…