Urinare all’aperto rappresenta per un uomo un gesto insignificante. Per una donna, è un calvario, e la fotografa londinese Sophy Rickett affronta questa ingiustizia (Liberation)
Quando durante un festival musicale, la fotografa londinese Sophy Rickett ha sentito la necessità di fare pipì le opzioni a sua disposizione erano tutte più sgradevoli l’una dell’altra: una fila interminabile davanti a toilette le cui puzze respingerebbero chiunque, saltellando per trattenersi, oppure la ricerca epica di un angolo nascosto sempre introvabile ai festival, per finire poi con il mostrare il proprio posteriore davanti a decine di sguardi disapprovanti. In ogni caso, il sentimento di gelosia di fronte alla disinvoltura maschile è di una potenza rara. Questa idea galoppa nella mente della fotografa. Si allena sotto la doccia, convinta che anche le donne possano urinare in piedi. Nel 1994, mentre inizia un nuovo lavoro al “Financial Times”, sia divertita che critica di questo nuovo universo aziendale e dei suoi codici, complotta con l’amica Rut Blees Luxemburg e, insieme, affinano un piano di resistenza. Il risultato di queste discussioni giocose è la fantastica serie “Pissing Women”, dove si fotografano l’una dopo l’altra, ben piantate e gambe divaricate, con un arco perfetto che scorre senza mai sfiorare una coscia. Una padronanza olimpica.
Tutti gli emblemi del potere sono presenti, con tailleur ben tagliati e edifici scelti attentamente: il M16, sede dei servizi segreti britannici, la British Telecom a Silvertown e l’ambiente aziendale postmoderno di Old Street. “Questi tre luoghi rappresentano le facce chiave dell’economia capitalista occidentale contemporanea: insicurezza, comunicazione e finanza”. La performance a volte shocca, provocando confronti con la polizia, ma riceve anche un’accoglienza entusiasta, con esposizioni, libri ed inevitabili escursioni in oscuri blog a gloria della “golden shower”. Nelle sue immagini decisamente moderne, Sophy Rickett trasmette brillantemente ciò che la agita: l’esaltazione di occupare spazi proibiti alle donne. Un feroce sentimento di libertà.
Sophy Rickett ha studiato fotografia al London College of Printing prima di ottenere un Master in fotografia al Royal College of Art. Il suo lavoro contempla la tensione tra le tendenze narrative e le possibilità astratte della fotografia, lavorando quasi esclusivamente di notte per esplorare e sfruttare il dramma e l’ambiguità dell’oscurità. Rickett lavora con il buio e, usando i mezzi più semplici della fotografia, fa emergere dalla notte gli scenari per le sue inquadrature. All’inizio – metà anni ’90 – fotografa giovani donne nell’atto di urinare, in piedi come gli uomini, contro muri e parapetti urbani, ragazzi accovacciati sul bordo della strada appena fuori dal fascio di luce dei fari delle auto. Poi nelle sue immagini la presenza umana si fa assente e gli spazi rappresentati sono “non luoghi”, aree periferiche delle città attraverso cui si passa in transito verso qualche altra destinazione, viadotti, raccordi stradali, incroci deserti.