L’investimento più grande mai realizzato nella ricerca sull’invecchiamento si chiama Altos Labs, con un finanziamento privato di 3 miliardi di dollari, ha sedi in California e Cambridge (El Pais)
Alto Lab studia l’epigenetica, cioè come l’età e l’esposizione a fattori ambientali, tra cui agenti fisici e chimici, dieta, attività fisica, possono modificare l’espressione dei geni. L’obiettivo è ringiovanire le cellule umane: non solo ritardare o rallentare l’invecchiamento cellulare, ma invertirlo. Poiché molte malattie comuni sono dovute al deterioramento naturale che le cellule subiscono con l’età, gli scienziati di Altos perseguono la forma moderna dell’elisir della giovinezza, consentendo alle persone una vita lunga e sana e persino invertendo le patologie man mano che sorgono. Nonostante sia circondata da una certa aura romantica o fantasiosa, l’epigenetica non ha nulla di mistico. Il termine significa “sopra i geni”, e si riferisce effettivamente a una serie di gruppi chimici e proteine che si attaccano sopra ai geni in modo da alterarne il livello di attività senza cambiarne la sequenza. Quando cambia la sequenza di un gene, parliamo di mutazioni, ma qui il gene rimane intatto. È solo che viene inattivato o attivato da queste altre molecole che si attaccano o si staccano da esso. La più semplice di queste molecole che si attaccano ai geni è il gruppo metile (–CH), e per questo motivo in epigenetica si parla sempre dei modelli di metilazione di un gene o di qualsiasi altra parte del DNA.
Alto Labs ha esaminato i modelli di metilazione in 348 specie di mammiferi e hanno trovato una forte associazione tra questi modelli e la vita massima di ogni specie. Non parliamo della vita media (o speranza media di vita), ma della massima, che è una caratteristica propria di ogni specie. Ad esempio, la vita media nei Paesi occidentali si è raddoppiata nel XX secolo dai 40 anni agli ottanta, approssimativamente, principalmente a causa del miglioramento dell’igiene, dei vaccini e degli antibiotici, cioè della lotta contro le malattie infettive. Ma la vita massima della nostra specie è di 122 anni e non si sposta da lì. La vita massima è una costante biologica propria di ogni specie, anche se varia in modo brutale da una specie all’altra. Nei mammiferi va dai 1,9 anni della mosca comune ai 211 della balena verde. Questo semplice dato rivela che, in biologia, l’invecchiamento non è una mera conseguenza del passare del tempo e del naturale deterioramento che ne consegue, poiché le mosche e le balene sono fatte degli stessi materiali (DNA, RNA, proteine, grassi e zuccheri). La velocità dell’invecchiamento, e quindi la vita massima, sono conseguenza di un programma genetico prefissato per ogni specie. E la metilazione epigenetica è un processo essenziale nel suo stesso centro logico.
Il gruppo di Horvath ad Altos ha trovato 17 specie di mammiferi in cui le femmine hanno un’epigenetica (dei modelli di metilazione nei geni) che conferisce loro una vita massima maggiore rispetto ai maschi. La specie umana è una di queste. Ricordiamo che non stiamo parlando del fatto che le donne hanno una speranza media di vita maggiore degli uomini, ma della loro vita massima, quella costante biologica inamovibile. Poiché conosciamo solo una persona che è arrivata ai 122 anni, l’unico modo per saperlo è analizzare l’epigenetica di uomini e donne. Quindi ora sappiamo che le donne sono programmate epigeneticamente per vivere più a lungo degli uomini, cosa di cui eravamo completamente ignari.
Un altro risultato inaspettato degli scienziati di Altos e della UCLA è che la restrizione calorica — mangiare il 30% in meno di quanto consiglierebbe un nutrizionista non ha alcun effetto misurabile sui modelli di metilazione dei geni. Anche se la restrizione calorica prolunga la vita in specie così diverse come lieviti, vermi, mosche e topi, i marcatori epigenetici che predicono la vita massima non vengono alterati da quella dieta così radicale. È possibile che la restrizione calorica ritardi l’invecchiamento, ma non prolunghi la vita massima nella specie umana.