Le restrizioni sui bagni pubblici imposte dal governo marocchino per evitare il consumo eccessivo d’acqua stanno scuotendo la tradizione e mettono in allarme un settore che impiega diverse centinaia di migliaia di persone (La Croix)
Gli uomini vi si recano preferibilmente al mattino o alla sera, le donne durante il giorno. Tra le sue mura adornate di mosaici, l’hammam settimanale ha la virtù di purificare il corpo come lo spirito. Nei vapori mescolati di henné, basilico e chiodo di garofano si annida uno stile di vita sul quale i marocchini non vogliono transigere. Dovranno tuttavia abituarsi a trovare la porta chiusa. I wali (prefetti) di varie regioni hanno annunciato il cambiamento: d’ora in poi e fino a nuovo ordine, gli hammam, istituzioni fondamentali del Paese, non apriranno più le loro porte il lunedì, martedì e mercoledì. La colpa è della siccità che imperversa per il quinto anno consecutivo, e che costringe le autorità a prendere misure sul consumo di acqua. Quale soluzione più logica se non chiedere uno sforzo agli hammam, il cui nome deriva dall’arabo hamim, “acqua calda” in francese. La misura, entrata in vigore nei 12.000 bagni pubblici del regno, non è l’unica restrizione imposta. Più classicamente, il ministro dell’interno Abdelouafi Laftit ha anche ordinato la chiusura delle stazioni di lavaggio auto per metà settimana, lo stop all’irrigazione degli spazi verdi o al riempimento delle piscine.
Toccando l’hammam, il governo entra nell’intimità dei marocchini, per i quali questa pratica è al tempo stesso una tradizione, un rito e un modo di socializzare. Senza contare che questo settore rappresenta 200.000 posti di lavoro diretti e indiretti nel Paese. Alcuni dipendenti si sentono riportati al periodo del Covid, quando gli hammam furono chiusi. Altri riflettono su come compensare la perdita netta di mezzo stipendio, e delle indispensabili mance dei clienti. L’associazione dei proprietari e gestori di hammam, che si lamenta di non essere stata consultata in anticipo, ha inviato una lettera aperta al ministro dell’interno affinché riconsideri la sua “decisione ingiusta” di chiusura parziale. I rappresentanti del settore ritengono che ciò avrà come conseguenza l’affollamento degli stabilimenti nella metà della settimana in cui saranno aperti. A Casablanca, capitale economica del paese di gran lunga la più assetata di acqua, alcuni gestori di hammam hanno addirittura deciso di sfidare il divieto.
La professione difende altre opzioni: divieto solo delle docce, riduzione del flusso dei rubinetti, limitazione degli orari di apertura dei bagni… Il gruppo di pressione ripete a chi vuole ascoltare che il settore dei servizi a cui appartengono gli hammam rappresenta solo il 2% del consumo di acqua del Paese, mentre l’agricoltura ne rappresenta l’80%. Ultimo argomento di peso, infine: le persone che non si docciano all’hammam lo faranno a casa, con acqua riscaldata a gas sovvenzionato dallo Stato. Ma per il momento nulla cambia. È vero che la quantità di acqua necessaria per godere di un “bagno moresco” è colossale: 140 litri per un uomo, 250 per una donna. Un hammam femminile equivale così al consumo settimanale di otto famiglie nei villaggi remoti dell’Alto Atlante.