Dedicarsi a più attività lavorative nello stesso tempo può significare perdita di concentrazione. Il problema dei social media sul lavoro (L’Express)
Siete al lavoro. Vi state concentrando per completare il vostro compito. Ma ogni cinque minuti, venite interrotti. Controllate la vostra casella email, rispondete a un collega che vi ha fatto una domanda su Google Drive, quindi cliccate sull’ultima notifica del vostro telefono che vi avvisa di un messaggio su WhatsApp, Instagram o altro. Secondo uno studio condotto dal think tank “Economist Impact” su un campione di lavoratori provenienti da una decina di Paesi industrializzati, il 42% delle persone intervistate dichiara di non avere più di un’ora di lavoro produttivo senza interruzioni che fanno perdere centinaia di ore ai dipendenti e decine o addirittura centinaia di miliardi di euro alle aziende. Ma questi comportamenti sono colpa degli strumenti digitali o sono dovuti a una mancanza di volontà delle persone? E quali sono le conseguenze di questo continuo switch tra diverse attività?
“Se cercate di scrivere un testo, ma controllate le email ogni sei minuti o fate andate e ritorno tra la scrittura e i social media, ciò avrà un costo cognitivo massiccio”, afferma Cal Newport, professore associato di scienze presso l’Università di Georgetown (Stati Uniti) e autore di numerosi best-seller. “Controllare costantemente le email o i messaggi non è molto diverso dal bere un bicchierino di alcol forte ogni trenta minuti: la capacità di pensare chiaramente si riduce, i pensieri possono diventare confusi e la stanchezza arriva più velocemente”. La ragione? Il cervello è lento nell’adattarsi al contesto in cui si trova o al compito su cui deve concentrarsi. La concentrazione richiede tempo e tranquillità.
Il multitasking può quindi essere dannoso sotto molti aspetti. Studi dimostrano che le persone che lo praticano intensamente quotidianamente sono meno abili nelle attività di ascolto e di comunicazione. Anche i bambini e gli adolescenti che si dedicano maggiormente al multitasking sono più facilmente distratti, il che può renderli meno efficienti quando devono svolgere un’unica attività alla volta: quanto più gli studenti si dedicano al multitasking in classe – consultando SMS e social media -, più hanno difficoltà di apprendimento, soprattutto nella memorizzazione delle istruzioni o delle informazioni date oralmente dal professore.
La pratica del multitasking è associata a una diminuzione della regolazione dell’attenzione e a un aumento della divagazione mentale, così come a problemi di memoria. Le persone che saltano troppo spesso tra compiti hanno anche difficoltà a regolare il loro comportamento, presentano sintomi legati all’impulsività e all’iperattività con maggiore frequenza e sono più inclini a prendere rischi o cercare sensazioni forti. Possono manifestarsi disturbi o deficit dell’attenzione più o meno pronunciati, talvolta simili al disturbo da deficit di attenzione e iperattività.
Bisogna anche fare una distinzione con il “vero” multitasking, ossia la capacità di svolgere più attività contemporaneamente, come fanno ad esempio i controllori del traffico aereo, e di cui gli effetti sono meglio conosciuti. In questo caso, sappiamo che diverse reti di aree cerebrali coinvolte nel processo delle attività svolte vengono sollecitate. L’attività cerebrale è globalmente più intensa, anche se queste diverse aree sono meno attive rispetto a quando il cervello ha un solo compito da svolgere. Alcuni studi suggeriscono anche che le persone che regolarmente svolgono più compiti contemporaneamente – come i piloti o i professionisti dei videogiochi, ad esempio – possono esprimere un’attività cerebrale leggermente diversa, con meno attività nelle aree coinvolte nel trattamento delle attività svolte frequentemente. Essendo automatizzate, richiedono meno sforzo, il che libera in qualche modo risorse per svolgere altre attività in parallelo.
Resta, poi, il mondo del lavoro, che spesso impone, oltre alle email, uno o più servizi di messaggistica aziendale, o addirittura Telegram o WhatsApp. In questo contesto, sono le aziende, e in particolare i dipartimenti delle risorse umane, che devono adottare misure per razionalizzare l’uso di tali strumenti. Occorre immaginare nuovi modi di collaborazione che non si basino sulla costante invio di messaggi. Finché la frenesia dell’attività costante rimarrà al centro della collaborazione aziendale, sarà difficile, se non impossibile, evitare di consultare continuamente diverse piattaforme di messaggistica.