Dopo dodici anni di una lotta accanita, un nuovo Stato: Haiti. Questo nome risuona ancora, duecentoventi anni dopo, come stendardo della negritudine e della lotta contro la schiavitù (L’Humanité)

Nella lingua arawak degli Amerindi kalinagos che popolavano le Antille dal continente sudamericano alla fine del primo millennio della nostra era, il nome era “Ayiti”. Ecco, duecentoventi anni fa, il 1° gennaio 1804, era il nome scelto dagli schiavi di ciò che allora si chiamava la colonia di Saint-Domingue: Hayti, poi Haiti. La prima Repubblica nera era appena nata. Ma, per arrivare a una tale irruzione della storia, quante lotte, fuoco e sangue, quanti massacri, tradimenti, capovolgimenti di alleanze e situazioni.

È l’unica rivolta di schiavi nella storia ad aver avuto successo. Gli ostacoli che ha dovuto superare testimoniano dell’importanza degli interessi in gioco. La trasformazione degli schiavi – che prima tremavano in centinaia di fronte a un solo bianco – in un popolo capace di organizzarsi e sconfiggere le nazioni europee più potenti dell’epoca, costituisce una delle grandi epopee della lotta e dei progressi rivoluzionari. Nella Proclamazione alla nazione che sancisce l’indipendenza, il generale Jean-Jacques Dessalines, futuro imperatore di Haiti con il nome di Jacques I, dichiara dopo dodici anni di conflitto: “Non è sufficiente aver espulso dal paese i barbari che l’hanno insanguinato per due secoli; non è sufficiente aver messo un freno alle fazioni sempre rinasceti che giocavano a turno con il fantasma della libertà che la Francia esponeva sotto i vostri occhi: bisogna, con un ultimo atto di autorità nazionale, assicurare per sempre l’impero della libertà nel Paese che ci ha visto nascere; bisogna strappare al governo inumano, che da tempo tiene le nostre menti nella più umiliante torpore, ogni speranza di ridurci nuovamente in schiavitù; bisogna infine vivere indipendenti o morire”.

Un “fantasma della libertà”: l’allusione agli ideali della Rivoluzione francese è chiara. Quando scoppia, la colonia di Saint-Domingue è la “perla delle Antille”, un soprannome dato dai coloni dell’Antico Regime, la più ricca di tutte. È la principale produttrice mondiale di zucchero e caffè. Quanto alle classi, sono l’espressione della società coloniale e schiavista. In cima alla scala, i 36.000 bianchi, proprietari terrieri, amministratori o militari. Poi circa 50.000 “liberi di colore” o “mulatti”, artigiani o commercianti, con gli stessi diritti dei bianchi, almeno teoricamente. Infine la classe lavoratrice, che genera questa immensa ricchezza coloniale: i circa 500.000 schiavi, chiamati “Neri”, ancora regolati dal Code noir di Colbert del 1685.
L’indipendenza di Haiti è indissolubilmente legata agli ideali e ai sobbalzi della Rivoluzione francese. Gli storici la fanno tradizionalmente iniziare nel 1791, alimentata dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che fece nascere negli schiavi la speranza di vedere applicato il principio che “gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali in diritti”. Dopo la cerimonia vudù del Bois-Caiman, nella notte del 14 agosto 1791, la rivolta scoppia nel nord dell’isola. Tra questi insorti, un certo Toussaint Bréda, futuro Louverture, soprannominato “Fatras-Baton”, “Contrefait” o “Malingre” in creolo locale. Nel corso degli anni di questo processo che porta all’indipendenza, gli scontri e le alleanze si fanno e si disfano nella colonia, con una complessità accentuata dai tentativi di occupazione spagnola e inglese, e oscillano a seconda degli eventi rivoluzionari parigini. In particolare l’istituzione della Repubblica, che abolisce la schiavitù il 4 febbraio 1794; il suo ripristino da parte di Napoleone nel maggio 1802, dopo aver inviato un corpo di spedizione di 30.000 uomini per riprendere il controllo della colonia diretta da Toussaint Louverture. Quest’ultimo si arrende a maggio e dichiara: “Abbattendo me, avete abbattuto solo il tronco della libertà, ma essa ricrescerà dalle sue radici che sono profonde e numerose”. I massacri perpetrati dal generale Leclerc e il ripristino della schiavitù finiranno per spingere all’unione di tutti gli insorti e alla sconfitta francese di Vertières, il 18 novembre 1803.

Come molte date storiche, il primo gennaio 1804 si legge sia come un risultato, ma ancora di più come un punto di svolta decisivo sul periodo che si apre in Haiti. Uno dei primi atti di Dessalines come capo di stato sarà ordinare il massacro dei coloni bianchi, che avevano lavorato con tutti i mezzi al mantenimento della schiavitù. La Costituzione di Haiti, adottata il 20 maggio 1804, istituisce l’Impero: Jacques I si considera così uguale a Napoleone. Sarà assassinato un anno dopo. Nel 1816, Napoleone ammetterà il suo più grande errore: aver ripristinato la schiavitù cedendo alle “grida dei coloni”. Duecentoventi anni dopo, la rivoluzione e l’indipendenza di Haiti risuonano ancora, prefigurando i movimenti di decolonizzazione del XX secolo, a volte incompiuti. “Haiti, dove la negritudine si mise in piedi per la prima volta.”

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